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Mobile payment: il Garante della privacy pubblica il regolamento

Informativa ad hoc per garantire la privacy di chi paga con il telefonino (mobile payment) e servirà il consenso per trattare i dati a fini di marketing.

Il Garante della privacy con il provvedimento n.561 del 12 dicembre 2013, ha messo a punto un provvedimento generale che spiega a operatori e venditori i criteri per un corretto utilizzo dei dati personali dei clienti che utilizzano il mobile payment.

Il provvedimento sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sarà sottoposto a consultazione pubblica (entro 60 gg suggerimenti attraverso mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).

Cos'è il mobile payment?

Nuova tecnica di pagamento destinata ad una diffusione sempre più capillare e si sostanzia in 2 tipologie di procedure: il mobile remote payment (pagamento effettuato a distanza) ed il mobile proxumity payment (si realizza avvicinando il cellulare ad un apposito pos). In entrambi i casi vengono utilizzati i dati personali del cliente: numero di telefono, dati anagrafici, caratteristiche del prodotto, importo e data dell'operazione, ect...

Per evitare violazioni della privacy degli utenti di questo servizio, il Garante ha imposto una serie di vincoli ai 3 soggetti coinvolti nel processo di pagamento (operatori di comunicazione, gli aggregatori, il venditore del bene o servizio). Il consenso dell'utente è necessario nel caso in cui i dati siano sensibili (per esempio nel caso di acquisto di prodotti riservati ad adulti) o se utilizzati per attività di marketing e profilazione o se forniti a terzi.

L’uso di questa nuova forma di pagamento è destinata a raggiungere in breve tempo una notevole diffusione e, pertanto, il Garante della privacy ha deciso di intervenire in materia.

Ti starai chiedendo: ma è una tecnologia usata, una modalità di pagamento diffusa?

Beh, sicuramente la fase è embrionale, soprattutto in Italia dove, da un lato i numeri dell’e-commerce non sono incoraggianti se confrontati con gli altri paesi europei, dall’altro c’è una smartphone penetration del 41%, in crescita dal 2012. (Fonte: Mashable “Google – Our Mobile Planet”).

Le prime esperienze di pagamenti con lo smartphone si sono avute a Milano, nelle stazioni della metropolitana. I viaggiatori possono evitare di avere le monetine in tasca e quando acquistano dai distributori automatici sono in grado di utilizzare il proprio cellulare o tablet dotato di portafoglio digitale (mobile wallet) associato ad una carta di credito fisica (es. postepay) o virtuale (es. paypal).

Difficile mettere in discussione la comodità e la praticità di questa forma di pagamento. La nostra curiosità si concentra invece sui suoi risvolti sociali, su come il mobile payment potrebbe influenzare i social media come Facebook, Twitter e Google+; su come le informazioni di acquisto di un utente potrebbero riversarsi nella sua rete sociale generando discussioni e conversazioni online, avvisi e segnalazioni, ecc…

Tutte informazioni e dati che vanno sotto il nome di Big Data.

Oramai tutti noi lasciamo briciole digitali dietro di noi: opinioni, stili di vita, percorsi e localizzazioni geografiche, relazioni sociali. E giorno dopo giorno questa piccole briciole diventano grandi dati, informazioni utili a capire la società, prevenire crisi e recessioni, distribuire equamente le risorse economiche ed ambientali e magari combattere la povertà. Finora, a trarre beneficio da questi dati, sono stati 2 categorie di soggetti: i Grandi del web (quasi tutti con sede statunitense) abili a scoprire i nostri profili per il loro business, il marketing personalizzato; i Governi, che ci spiano per scoprire i terroristi.

Poco beneficio ricade sulla gente comune che produce questi dati, nonostante sia il proprietario effettivo.

In realtà un po’ di colpa è anche della gente comune che non percepisce i Big Data come un bene comune, come un modo per costruire la propria vita digitale e migliorare la conoscenza di sé; ma vengono intesi come uno strumento di sorveglianza, controllo sociale, di intrusione nella sfera personale. Insomma, ci fidiamo poco.

Di sicuro la strada è in costruzione, forse in salita ed il percorso non è ancora stato tracciato. Ma un punto dovrebbe essere saldo: la democratizzazione dei big data. Un parolone che racchiude un semplice concetto: porre la persona al centro dell’ecosistema dei Big Data, la persona in quanto padrone delle sue briciole.

Vedremo come andrà a finire…

Intanto vi segnaliamo le regole del Garante della privacy, l’informativa sull’uso dei dati nei pagamenti via smartphone e tablet pubblicata il 3 gennaio 2013 sul sito www.garanteprivacy.it

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